Come si è arrivati al sequestro Moro?

Condividi questo articolo?

Di Santi Maria Randazzo

Come si è arrivati al sequestro Moro? Vediamo se possiamo tracciare un continuum storico-politico che tracci le sue scaturigini e le sue motivazioni. L’Italia del 1944 presentava un quadro politico che non era quello che avrebbero desiderato gli anglo-americani e soprattutto gli inglesi: la gestione condivisa della resistenza aveva creato le condizioni politiche a che le forze di ispirazione cattolica, marxista e liberale, benché differenziate da matrici ideologiche, trovassero un’intesa politico-governativa per la gestione unitaria di quel poco spazio che era loro concesso nell’interesse dell’Italia ed in attesa che, con la fine della guerra, si definissero stabilmente le caratteristiche dei quadri politici realizzabili in Italia. In tale contesto avviene con James Jesus Angleton il recupero, in funzione anticomunista degli appartenenti dei servizi segreti nazifascisti, facenti parte della “Rete Invasione e Ovra” a cui, nel 1947, verrà data garanzia di impunità con l’art. 16 del trattato di pace che garantirà l’impunità per coloro che tra il 10 giugno 1940 e la data di entrata in vigore del trattato di pace avessero commesso azioni o crimini a favore delle Potenze Alleate e Associate, penalmente punibili. Già si prospettava la proposta di referendum per decidere se l’Italia dovesse rimanere Monarchia o divenire Repubblica ed in funzione di tale scelta cominciavano ad attivarsi operazioni sotterranee per favorire la scelta monarchica anche da parte degli anglo-americani oltre che dei nostalgici del vecchio regime. In tale contesto va inquadrato l’attentato al governo provvisorio italiano, non andato a buon fine in quanto scoperto. L’attentato: “Doveva compiersi tutto la mattina del 20 ottobre 1944. Ma la notizia trapelò: sessanta chili di tritolo erano stati piazzati in un armadio del Viminale, proprio nella sala in cui di lì a pochi minuti si sarebbe riunito il governo esapartito di unità nazionale (democristiani, comunisti, socialisti, azionisti, liberali e democratici del lavoro) presieduto da Ivanoe Bonomi. Se l’esplosivo non fosse stato scoperto in tempo, ci sarebbe stata una strage di ministri, tra i quali il democristiano Alcide De Gasperi e il comunista Palmiro Togliatti”. (1) La motivazione anticomunista fa la sua apparizione già sin dal 1943 e caratterizzerà la strategia, inizialmente alleata e successivamente NATO. Possiamo retrodatare ufficialmente la strategia USA e NATO mirata a contrastare l’espansione del comunismo in Italia, nell’Europa Occidentale e nel mondo intero al piano redatto nel 1950, denominato Demagnetize. Così come l’invio di William Colby in Italia a dirigere una stazione CIA nel 1953 testimonia la volontà USA ad attivare una più incisiva attività anticomunista. Abbiamo la possibilità di mettere in relazione la cosiddetta Strategia Della Tensione agli specifici piani elaborati dai servizi segreti della cabina di regia segreta della NATO in seguito al “casuale?” ritrovamento di alcuni documenti provenienti dall’archivio di Licio Gelli. Nel suo libro intitolato “Dietro tutte le trame”, Giovanni Tamburino riporta una notizia ufficiale: “Il 4 luglio 1981[la data potrebbe non essere stata casuale] a Fiumicino viene fermata la figlia di Licio Gelli, Maria Grazia. I finanzieri scoprono nel suo bagaglio un doppio fondo zeppo di documenti che diventeranno famosi. […] Tra cui il notissimo ‘Piano di Rinascita Democratica’ sequestrato nella busta 2 […] nonché copia del Field Manual 30-31 con ‘Supplemento B’ sequestrato nella busta 3 […] Si tratta del famoso manuale militare firmato dal generale americano W. C. Westmoreland […].” Nell’annesso ‘Supplemento B’[la cui autenticità è stata contestata], viene indicato “[…] l’utilizzo della ‘Strategia della tensione’ e del terrorismo, anche di sinistra, per il conseguimento degli obiettivi strategici statunitensi.” (2)

LE MOTIVAZIONI DEL SEQUESTRO E DELL’UCCISIONE DI ALDO MORO

E’ ormai assodato dai molteplici documenti che lo attestano, che il rapimento di Aldo Moro sia stato determinato dalla volontà di impedire l’istituzionalizzazione di quel Compromesso Storico che, sul piano politico, era già stato realizzato di fatto dalla convergente volontà e intesa politica di Aldo Moro e di Enrico Berlinguer e che si stava avviando a divenire modulo di governo nell’interesse dell’Italia: più volte, inoltre, era stata contestata soprattutto a Moro la sua linea politica filoaraba che aveva contribuito fortemente a determinare la massima espansione dell’influenza italiana nel Mediterraneo e nei paesi del Terzo Mondo, coincisa contestualmente col declino dell’influenza e del dominio coloniale inglese e francese. Il mondo politico italiano ai massimi livelli era stato più volte avvertito dal governo degli USA e dell’Inghilterra della loro contrarietà a che i comunisti entrassero nel governo: Kissinger era arrivato a minacciare direttamente e personalmente Moro dei pericoli a cui andava incontro attuando il Compromesso Storico con il PCI, arrivando a dire a Moro: “O tu cessi la tua linea politica oppure la pagherai a caro prezzo.” (3) La preoccupazione maggiore nell’eventualità che i comunisti andassero al governo in Italia derivava dal fatto che si sarebbero alterati gli equilibri politici in Europa e nel mondo ed i comunisti al governo avrebbero avuto accesso ai piani strategici NATO. Già alla fine di aprile del 1974 Kissinger aveva chiaramente annunciato la volontà di non permettere ai comunisti di far parte del governo in Italia; in un articolo pubblicato sul New York Times: “Ci rimproverate per il Cile: non ci rimproverereste ancora più duramente se non facessimo nulla per impedire l’arrivo dei comunisti al potere in Italia o in altri paesi dell’occidente europeo?” (4) Non ci si può non chiedere se ciò che accadde al treno Italicus il 4 agosto 1974 fosse stato un tentativo di eliminare Aldo Moro (non andato a buon fine per l’eventuale intervento dei servizi), un avvertimento o il fatto che la sorte aveva deciso casualmente che Moro vivesse. Moro doveva viaggiare su quel treno per raggiungere il resto della famiglia in vacanza in Trentino ma: “[..] prima che il convoglio partisse fu fatto scendere per firmare delle carte importanti.” (5) Dopo l’attentato al treno Italicus, dice Agnese Moro, il padre: “[…] si rese conto di essere in pericolo e che anche la sua famiglia lo fosse: ci obbligò ad avere la scorta e fu irremovibile.” (6) Il sequestro e l’uccisione di Moro hanno impedito che fosse portata a termine la piena attuazione del Compromesso Storico e l’ingresso dei comunisti nel governo privando, per la sua attuazione, uno dei due fondamentali protagonisti che lo rendevano possibile. La realizzazione del sequestro è stata, ufficialmente, opera delle sedicenti Br, ma non è stato ancora pienamente chiarito chi siano stati i mandanti e chi si celava dietro le Br o chi vi era assieme alle Br in via Fani.

 

Ma le Br erano veramente “Rosse” o la sigla aveva una funzione di depistaggio e di copertura di coloro che ne avevano determinato la costituzione? Dalle notizie forniteci dal testo di Mario José Cereghino & Giovanni Fasanella (7) non si può non tener conto del ruolo di collegamento con i servizi segreti NATO di Roberto Dotti, che alla Terrazza Martini di Milano reclutava i brigatisti rossi dopo aver fatto compilare loro un questionario: né possiamo sottacere o minimizzare il ruolo di Corrado Simioni, specialmente dopo la morte di Roberto Dotti nel 1981, che viene indicato quale capo del cosiddetto Superclan [superclandestini come li chiamava Moretti] delle Br e in seguito fondatore della misteriosa scuola parigina dell’Hyperion. (8) Chi era Roberto Dotti: rientrato in Italia dopo un periodo di latitanza Dotti sviluppa rapporti organici con Edgardo Sogno e con Luigi Cavallo, legati ai servizi segreti inglesi, sin dal 1958. Al suo rientro in Italia: “Dotti entra nella redazione di ‘Comunità’, la rivista dell’omonimo movimento politico di un altro collaboratore del Soe [servizio segreto inglese]. Il quale, dopo qualche tempo, gli trova un posto come direttore della Terrazza Martini di Milano, il salotto mondano di Milano, il salotto mondano dell’intellighenzia cittadina. E’ qui che lo riabbraccia Sogno, al suo rientro dalla Birmania. Una storia che riserva ulteriori sorprese. Già, perché fra la Terrazza Martini e i Comitati di resistenza democratica degli anni 1970-1971 Dotti svolge una terza attività: seleziona, diciamo così, il ’personale’ per le neonate Brigate rosse. E’ proprio a lui che Mara Cagol, la compagna di Renato Curcio, cofondatore con Alberto Franceschini delle Br, consegna periodicamente i questionari compilati dagli aspiranti brigatisti. Ne lei ne Franceschini sospettano nulla [almeno stando alle loro dichiarazioni].” (9) Corrado Simioni, di cui erano stati scoperti i rapporti con il mondo dell’eversione, era stato espulso a suo tempo dal PSI da Bettino Craxi. Corrado Simioni, assieme a Duccio Berio e Vanni Mulinaris costituiscono a Parigi un centro di coordinamento a cui, nel 1974, viene dato il nome di Hyperion, che riceverà la benedizione e l’aiuto diretto, fra gli altri, del: ”[…] padre domenicano Felix Andrew Morlion, fondatore del servizio segreto vaticano, in rapporti strettissimi con la CIA”. (10)  Padre Felix Andrew Morlion che, secondo Giovanni Fasanella, era: “[…] agente dei servizi anglo-mericani durante il secondo conflitto mondiale (per conto loro curò in Italia i contatti clandestini con le formazioni terroristiche neofasciste tra il 1944 e il 1947), e poi, durante la guerra fredda, capo della Pro Deo, l’università internazionale di studi sociali dietro la cui facciata si celava il servizio segreto vaticano usato dalla Gran Bretagna per spiare i paesi comunisti.” (11)

In questo contesto internazionale che aveva visto la convergente necessità e volontà di NATO e URSS, anche se per motivazioni diverse, di impedire che in Italia si realizzasse il Compromesso Storico, parrebbe lecito ipotizzare che il primo tentativo, fallito, di impedirne la realizzazione, anche se motivazioni prevalentemente legate all’esigenza dell’URSS di affermare il suo centralismo politico sui comunisti europei, possa essere individuato nell’attentato a Berlinguer a Sofia il 3 ottobre del 1973, come rivelato da Emanuele Macaluso durante una intervista a Panorama nel 1991. Compromesso storico che non era assolutamente gradito dall’URSS. La notizia dell’attentato fu poi confermata dalla vedova di Berlinguer e verificata a Sofia dai giornalisti Giovanni Fasanella e Corrado incerti. (12) L’attentato a Berlinguer non ebbe conseguenze mortali per il leader del PCI solo grazie all’impatto su un palo della luce della macchina su cui viaggiava Berlinguer investita volutamente da un camion dell’esercito bulgaro per farla precipitare dal ponte su cui si trovava a transitare in quel momento. Così come appare lecito porsi la domanda se il sequestro Moro sarebbe ugualmente avvenuto se l’attentato a Berlinguer avesse avuto letale successo. Forse sarebbe avvenuto lo stesso perché il problema era Moro e la sua capacità di resistere alle pressioni della cabina di regia segreta NATO composta da americani, inglesi, francesi e tedeschi da cui l’Italia era stata esclusa.  Una possibile risposta può essere cercata nel contesto internazionale descritto da Giuseppe Vacca nella sua introduzione al libro “Le menti del doppio Stato”: “La politica europea di Willy Brandt e quelle convergenti di Moro e Berlinguer puntavano a ritagliare uno spazio europeo della distensione emancipato dalle rigidità del bipolarismo USA-URRS. Per altro verso, lo smantellamento del ‘sistema di Bretton Woods’ e i conseguenti shock petroliferi rovesciavano sull’Europa gli effetti più gravosi della globalizzazione asimmetrica trainata dalla finanza. Infine, la sconfitta americana in Vietnam faceva maturare nell’èlite brezneviana il disegno di sfidare gli Stati Uniti sul terreno militare in Asia e in Africa. In questo contesto la ‘strategia dell’attenzione’ di Aldo Moro e le convergenze con l’eurocomunismo di Berlinguer avevano un impatto destabilizzante sugli assetti europei tanto a Ovest quanto a Est, provocando l’attivazione del doppio Stato per fermarli. Se da parte del blocco orientale si giunse fino al punto di tentare l’eliminazione fisica di Berlinguer, in Occidente si avviò la strategia della tensione che offriva nuove opportunità all’Inghilterra di attivare le sue reti in Italia al fine di destabilizzarla e ridimensionarne il ruolo acquisito nel Mediterraneo”. (13)

I POSSIBILI TEMPI DELLA DECISIONE DEL SEQUESTRO MORO

Dopo il fallito attentato a Enrico Berlinguer del 3 ottobre 1973 in Bulgaria, appare comunque plausibile pensare che la possibilità di impedire il Compromesso Storico, vista la ferma posizione di Aldo Moro e di Enrico Berlinguer, sia stata ritenuta possibile solamente eliminando dalla scena Aldo Moro. Non appare quindi illogico pensare che solo dopo l’ottobre 1973, chi avesse ritenuto necessario eliminare Aldo Moro abbia iniziato a programmare concretamente la sua eliminazione. Sicuramente il sequestro di Moro è stato deciso prima del 17 febbraio 1978; ci permette di avere questa convinzione Giovanni Fasanella che nel suo libro” Il Puzzle Moro” riferisce dell’informazione recepita dal colonnello Stefano Giovannone, capocentro SISMI di Beirut, da parte di un suo contatto, un rappresentante del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, che lo aveva avvertito che le Brigate rosse assieme ad organizzazioni terroristiche di diversi paesi avessero discusso di un progetto terroristico che avrebbe potuto coinvolgere l’Italia con il rapimento di un importante uomo politico italiano. La medesima informazione era stata intercettata, come accertò successivamente il giudice Priore, da almeno otto servizi segreti internazionali di rango. Giovannone allertò il SISMI di Roma il 17 febbraio 1978 […]. (14) Ma a quella segnalazione non seguì nessuna attività di prevenzione degna di tale nome. Altresì potremmo essere indotti a pensare che il sequestro di Moro possa essere già stato deciso prima dell’estate del 1977, data dell’acquisto dell’appartamento di via Montalcini 8 a Roma, uno dei luoghi in cui fu tenuto prigioniero Moro, da parte di Anna Laura Braghetti e Prospero Gallinari, e la cui data dell’acquisto fu accertata dal giudice Imposimato. (15) Tratteremo adesso alcune notizie che ci permettono di ipotizzare alcune date in cui potrebbe essere stato deciso il sequestro di Moro, e che ci provengono da fonti letterarie e giornalistiche che hanno riportato dichiarazioni di appartenenti alle Brigate rosse. In questo caso bisogna fare alcune premesse per contestualizzare prudentemente affermazioni che possono essere state prodotte da esigenze di strategia processuale, da limiti informativi di singoli brigatisti dovuti alla rigida compartimentalizzazione che ha caratterizzato la struttura organizzativa delle Brigate rosse o da voluti e funzionali elementi di depistaggio interno programmato da parte della cabina di regia delle Brigate rosse, che potrebbero aver avuto la funzione di far apparire come decisioni conseguenti a valutazioni strategiche momentanee, scelte già decise da tempo e che provenivano da apparati posti all’esterno dell’organizzazione delle Brigate rosse, ma per cui vi era l’esigenza di non far trapelare l’esistenza di tali soggetti decisionali e la relativa catena di comando. Sempre sulla base di dichiarazioni rese da brigatisti, in una fase preventiva la colonna romana delle Brigate rosse aveva iniziato ad acquisire informazioni su Andreotti, Fanfani e Moro, individuati come i possibili bersagli. Questa informazione che proviene dalle testimonianze di diversi appartenenti alle Brigate rosse, possono essere oggettive e acquisite come tali dai componenti della colonna romana; così come non possiamo escludere che potrebbero essere state veicolate perché non si sapesse che era già stato deciso di rapire Aldo Moro. Morucci, nel corso di un interrogatorio, faceva risalire al 1975 l’anno in cui la decisione di sequestrare uno dei tre maggiori esponenti della D.C. poteva essere stata presa. (16) In una successiva dichiarazione Morucci affermò che: “L’indicazione di Aldo Moro come obiettivo arrivò alla colonna romana dal comitato esecutivo nel settembre del 1977 […].” (17) Ma da chi e da dove era arrivata l’indicazione di sequestrare Aldo Moro? Gli indizi sembrerebbero indicare Corrado Simioni come il soggetto responsabile e l’Hyperion la sede in cui tale decisione sarebbe stata presa: “Secondo diversi magistrati, tra cui Carlo Mastelloni e Pietro Calogero, sempre all’Hyperion di Parigi vengono decisi i sequestri in Germania di Peter Lorenz e di Martin Schleyer e in Italia di Moro e di Pirelli, quest’ultimo abortito”. (18) Alla luce di quanto oggi sappiamo sarebbe improprio ritenere che le Br sono state solamente il braccio armato di chi ha deciso l’eliminazione di Aldo Moro? Per tentare di rispondere a questa domanda dobbiamo prendere in esame anche la funzione di tutela anticomunista esercitata dal comitato di sicurezza NATO composto dai rappresentanti di Gran Bretagna, USA, Germania e Francia riunitosi segretamente nel palazzo presidenziale francese nel luglio del 1976 per discutere la questione italiana. In quella riunione i rappresentanti di USA e Germania proposero soluzioni politiche di sostegno ai partiti alternativi al PCI, mentre i rappresentanti di Gran Bretagna e Francia proposero azioni sovversive. In particolare il documento preparato dal rappresentante inglese Alan Campbell proponeva:”[…] appoggio a un golpe o, in alternativa, una ‘diversa azione sovversiva’ per bloccare la politica di Moro”. (19)  Aldo Moro viene rapito il 16 marzo 1978 e i cinque uomini della sua scorta vengono uccisi; il 18 marzo nel suo diario Giulio Andreotti scriverà qualcosa che sembrerebbe voler far intendere qualcosa, quasi una annotazione criptica che va oltre il significato letterale delle parole scritte. Scrive Andreotti il 18 marzo 1978: “Non sappiamo se Moro si sia reso conto dell’assassinio di Leonardi e degli altri. Ne sappiamo se chi lo tiene prigioniero gli consenta di conoscere quel che accade fuori.” (20) Perché Andreotti si pone questa domanda e la annota nel suo diario? La frase nasce forse da un senso di colpa di Andreotti o che altro?

LA P2, LA NATO E IL KGB HANNO AVUTO UN RUOLO NELL’AFFARE MORO?

Prima di rispondere a questa domanda possiamo, inizialmente, prendere spunto, condiviso, dall’opinione di Raimondo Craveri, che: “[…] durante la lotta di Liberazione diresse l’ORI (Organizzazione della Resistenza Italiana), il Servizio informazioni partigiano […] Craveri, come molti suoi contemporanei capaci di allungare lo sguardo oltre la cronaca e di leggere anche la dimensione nascosta della storia aveva intuito. Dietro tutte le quinte, si erano riprodotti gli stessi meccanismi e si agitavano gli stessi ambienti, interessi e a volte persino gli stessi personaggi che avevano imparato a conoscere durante la resistenza e nell’immediato dopoguerra. Si, gli stessi. Anche se in epoche diverse e contesti assai diversi. Tra il 1969 e il 1993, successe di tutto”. (21) L’esistenza di strutture che in Italia manovravano sia il terrorismo rosso che quello nero vennero ipotizzate nell’inchiesta sul Mar e sulla strage di piazza della Loggia da parte del giudice Giovanni Acrai che ipotizzò che tali strutture erano state create: “[…] durante la guerra ma ancora operanti negli anni successivi a piazza Fontana”. (22) Nell’indagine condotta dal giudice Acrai tra gli altri emersero due nominativi collegati tra di loro, di cui uno ricorre negli atti investigativi che riguardano il caso Moro: Jordan Vesselinoff e Igor Markevic, quest’ultimo di cui è stato ipotizzato, ma non provato, un ruolo importante nel sequestro Moro. “Sul suo ruolo fiorirono molte ipotesi, che tali sono rimaste. Quello che è sicuro, però, è che di lui si erano occupati i Servizi italiani quando il presidente della DC era ancora vivo e in mano alle Brigate rosse, Nel maggio 1978 due agenti del controspionaggio del Sismi, Antonio Ruvolo e Giuseppe Corradi, erano andati a cercarlo in un antico e aristocratico palazzo di via Caetani, nel centro storico di Roma. Davanti a quel portone, nondimeno, si erano dovuti fermare per ragioni mai chiarite. Immaginarsi la loro sorpresa quando, nei giorni successivi, in quella stessa via e sotto le finestre di quello stesso palazzo, fu rinvenuto il cadavere del leader democristiano”. (23) Adesso, per cercare di rispondere alla iniziale domanda che ci siamo posti, dobbiamo inoltre cercare di capire chi erano realmente i tre più importanti esperti scelti da Cossiga per far parte del Comitato di Crisi per il sequestro Moro: Franco Ferracuti, Stefano Silvestri e Steve Pieczenik. Dobbiamo, inoltre, tentare di individuare chi erano i soggetti a cui venivano puntualmente riferite le notizie riservate note solo ai componenti il comitato di crisi e come venivano veicolate tali notizie all’esterno del Comitato di Crisi. Di Ferracuti, docente di criminologia all’Università di Roma, Imposimato scrive: “Ho conosciuto personalmente Ferracuti. L’ho incontrato diverse volte a casa sua. Egli non fece mai mistero, neppure con me, di essere massone e agente della CIA.” (24) Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato nel loro libro “Doveva morire” hanno documentato numerosi passaggi in cui, con chiarezza, appare realisticamente ipotizzabile il ruolo giocato dai servizi segreti degli USA (e forse della Germania) nella gestione del sequestro Moro, attraverso soprattutto Steve Pieczenik, uomo della CIA. Vi sono altresì annotazioni che riguardano uno degli esperti che hanno affiancato Cossiga nella gestione del sequestro che lasciano intravedere la possibilità di un coinvolgimento dei servizi segreti dell’Unione Sovietica: il personaggio in questione si chiama Stefano Silvestri. Cosa sappiamo di Stefano Silvestri? Silvestri, esperto di politica internazionale, è stato oggetto di una informativa del capo del controspionaggio del Sismi, il colonnello dei carabinieri Domenico Faraone, competente per i Paesi del Patto di Varsavia, in cui lo avrebbe identificato quale contatto confidenziale della residentura del KGB a Roma fin dal 1969, con il nome in codice ‘Stupav’ e con il nome in codice ’Nino’ nel dossier Mitrokhin. (25) Cosa sappiamo di Steve Pieczenik? Pieczenik ritenuto uno dei massimi negoziatori ed esperti di terrorismo americani è stato il personaggio che ha contribuito maggiormente a determinare alcune scelte strategiche del Comitato di Crisi (che di fatto hanno condannato a morte Moro), laureato in psicanalisi e relazioni internazionali, incaricato da Kissinger di costruire la prima cellula antiterrorista degli USA; un prozio di Pieczenik era stato il braccio destro di Trockij. Vent’anni dopo la morte di Moro, nel 1998, Pieczenik sostenne che notizie: “[…] che potevano essere note solo al gruppo ristretto per la gestione della crisi, venivano riferite ad altri e arrivavano addirittura alle Brigate rosse.” (26) In questo caso le ipotesi conseguenti alle dichiarazioni di Pieczenik, nel caso in cui rispondono a verità, consentono solo tre risposte: o le Brigate rosse erano riuscite a infiltrare un loro componente nel comitato di crisi ( ipotesi poco realistica), o la P2 che di fatto controllava il comitato di crisi faceva filtrare strumentalmente informazioni riservate per rendere impossibile la liberazione di Moro (ipotesi abbastanza realistica), o che le Brigate rosse fossero organicamente collegate con quei servizi segreti NATO di cui, di fatto, attuavano gli obiettivi eversivi ( ipotesi molto realistica). Nell’intervista Pieczenik riporta inoltre un colloquio avuto con Cossiga nel mentre lo informava sulla fuga di notizie riservate che potevano essere conosciute solo dai componenti il comitato di crisi. Così dichiara Pieczenik a Robert Katz che lo intervistò: “Dopo un po’ mi resi conto che quanto avveniva nella sala riunioni filtrava all’esterno. Lo sapevo perché ci fu chi – persino le Br – rilasciava dichiarazioni che potevano avere origine soltanto all’interno del nostro gruppo. C’era una falla, e di entità gravissima. Un giorno lo dissi a Cossiga, senza mezzi termini:’ C’è una infiltrazione dall’alto, da molto in alto’. ‘Lo so – rispose lui – lo so. Da molto in alto’.” (27)

 

UN CANALE SOTTERRANEO COLLEGAVA IL COMITATO DI CRISI, LA P2, GELLI E LE BRIGATE ROSSE, COME SOSTIENE STEVE PIECZENIK? INDAGINI CHE NON VENNERO FATTE

 

Quindi Cossiga, a detta di Pieczenik confermò che le notizie riservate, note solo ai componenti il comitato di crisi, arrivavano ad essere conosciute persino dalle Br: com’era possibile ciò? Molto tempo dopo l’uccisione di Aldo Moro Steve Pieczenik rilascerà una serie di interviste nelle quali rivelerà alcune parziali informazioni sulla gestione del sequestro Moro da parte del comitato di crisi ed infine, nel 2006, rilascerà una” […] lunga intervista a un giornalista francese, Emmanuel Amara, che la pubblica integralmente in un libro dal titolo allarmante: Nous avons tuè Aldo Moro [abbiamo ucciso Aldo Moro].” (28)

CONSEGUENZE DEL SEQUESTRO E DELL’UCCISIONE DI ALDO MORO

 

Nel delineare le conseguenze del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro, vorrei riportare le parole di Giovanni Fasanella: “Il sequestro di Aldo Moro e il suo assassinio, dopo cinquantacinque giorni di detenzione nelle prigioni del popolo, ebbe due effetti rilevanti per la storia del nostro paese. Il primo, nel breve tempo: provocò la fine dei governi di solidarietà nazionale e bloccò il compromesso storico, ritardando il compimento dell’evoluzione comunista. Il secondo, conseguenza del primo, nel tempo più lungo: innescò una crisi delle classi dirigenti italiane, un deterioramento progressivo della loro qualità, l’incapacità del sistema di autoriformarsi nella fase di passaggio dal regime bloccato della guerra fredda al regime dell’alternanza del post guerra fredda, la rottura del patto costituzionale, lo smantellamento dell’industria pubblica, la caduta di prestigio e la perdita di ruolo internazionale dell’Italia, Tutto ciò che era stato così faticosamente costruito nel dopoguerra andò in frantumi.” (29)

 

Bibliografia

  1. Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Ed. Chiarelettere, 2020, p. 29.
  2. Giovanni Tamburino – Dietro tutte le trame – Donzelli Editore, 2022, pp. 29-30.
  3. Giovanni Fasanella – Il Puzzle Moro – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 180.
  4. Stefania Limiti – L’anello Della Repubblica. La scoperta di un nuovo servizio segreto dal fascismo alle brigate rosse – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 176.
  5. Maria Fida Moro – La nebulosa del caso Moro – Ed. Selene, Roma, 2004 in L’anello Della Repubblica. La scoperta di un nuovo servizio segreto dal fascismo alle brigate rosse – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 177.
  6. Agnese Moro – Un uomo così – Ed. Rizzoli, Milano 2008, in L’anello Della Repubblica. La scoperta di un nuovo servizio segreto dal fascismo alle brigate rosse – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 177.
  7. Mario José Cereghino – Giovanni Fasanella, “Il Golpe Inglese” Ed. Chiarelettere, 2020, pp. 246-247.
  8. De Lutiis, “Il Golpe di via Fani”, in Ferdinando Imposimato & Sandro Provvisionato, “Doveva morire” Ed. Chiarelettere, 2018, pp. 33-34.
  9. Giovanni Fasanella – Il Puzzle Moro -Ed. Chiarelettere, 2018, p. 247.
  10. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 178-179.
  11. Giovanni Fasanella – Il Puzzle Moro -Ed. Chiarelettere, 2018, p. 296.
  12. Giovanni Fasanella – Il Puzzle Moro -Ed. Chiarelettere, 2018, pp. 156-161.
  13. Giuseppe Vacca – Prefazione al libro di Mario J. Cereghino e Giovanni Fasanella – Le Menti Del Doppio Stato – Ed. Chiarelettere, 2020, p. XV.
  14. Giovanni Fasanella – Il Puzzle Moro – Ed. Chiarelettere – Milano, 2018 – pp. 281-282.
  15. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 21.
  16. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 58.
  17. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 60.
  18. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p.179.
  19. Giovanni Fasanella – Il Puzzle Moro – Ed. Chiarelettere – 2018, pp. 237-238.
  20. Giulio Andreotti – I diari degli anni di piombo – Ed. Solferino, Milano, 2021, p. 594.
  21. Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Ed. Chiarelettere, 2020, pp. 7-8.
  22. Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Ed. Chiarelettere, 2020, p. 21.
  23. Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Ed. Chiarelettere, 2020, p. 21.
  24. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 109.
  25. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p.111.
  26. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p.118.
  27. Robert Katz – Intervista a Steve Pieczenik – in “Panorama”, 13 agosto 1994.
  28. Ferdinando Imposimato – Sandro Provvisionato – Doveva morire – Ed. Chiarelettere, 2018, p.123.
  29. Giovanni Fasanella – Il Puzzle Moro – Ed. Chiarelettere, 2018, p. 275.

 

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.